Le mostre top del decennio: Ai Weiwei a Firenze nel 2016

Dal 23 settembre 2016 al 22 gennaio 2017, il Palazzo Strozzi di Firenze ospitò la mostra "Ai Weiwei. Libero", che accolse oltre 150.000 visitatori. La ripercorriamo, con il racconto della nostra amica Gaia Zorzi

Ai Weiwei, Reframe
L'installazione di Ai Weiwei al Palazzo Strozzi di Firenze

Entriamo nel cortile di Palazzo Strozzi, un’immensa costruzione di metallo ci attende. Confusi, ma nello stesso tempo incuriositi ci avviciniamo. Il cartellino indica il titolo Refraction. Poco sotto è riportato il materiale: cinque tonnellate di cucine solari e bollitori in acciaio assemblati. È un’ala, simbolo di libertà. Il peso della struttura, sommato alle sue esagerate dimensioni, crea però un enorme contrasto con il significato di cui l’ala dovrebbe essere portatrice. È improbabile che possa spiccare il volo; rimane infatti immobile a terra.

La scelta di utilizzare la metafora dell’ala è dell’artista Ai Weiwei, che in più occasioni ha voluto riportare il messaggio di una costrizione o di una libertà negata. Questa tematica sta molto a cuore all’artista, perché lo coinvolge in modo personale, visto che proviene dalla Cina, nazione che ancora oggi limita o addirittura nega la libertà di espressione.

Ai Weiwei, Refraction (Fonte foto: www.beatricebrandini.it)

Chi è Ai Weiwei

Ai Weiwei è un artista concettuale, performer, fotografo, pittore, architetto, regista, designer, cantante e blogger. È ritenuto un artista dissidente, perché tende a distaccarsi dalle idee della maggioranza, nuotando controcorrente, per difendere ciò in cui crede. Proprio per questo motivo è noto in tutto il mondo per il suo attivismo politico e per le sue opere provocatorie.

In un’intervista afferma: “Non separo mai la mia arte dalle altre attività (…) Tutto è arte, tutto è politica.” Nei suoi lavori si percepisce conoscenza e interesse per la stretta attualità. “Azione”, come riporta un pannello alla mostra, è diventata la sua parola preferita e quella che lo accompagna nell’ideazione di opere e interventi a favore delle persone che necessitano di una protezione e di cui le tragiche storie devono assolutamente raggiungere l’intero globo.

L'artista cinese Ai Weiwei
L'artista cinese Ai Weiwei con "i pezzi" della sua celebre opera "Sunflower Seeds" (2010)

Il concetto di "Ready made" secondo Ai Weiwei

Ai Weiwei utilizza spesso nelle sue opere il concetto di “ready-made”, che ha scoperto durante il suo soggiorno negli Stati Uniti. Nel “ready-made” oggetti di uso comune vengono prelevati dal loro contesto quotidiano ed esposti come opere d’arte. Duchamp, padre del dadaismo, utilizzava questa tecnica per creare un distacco dall’arte dei suoi tempi, per provocare.

Ai Weiwei ha sfruttato il concetto già esistente e l’ha adattato alle varie situazioni per veicolare in modo più diretto i suoi messaggi politici e sociali. Due esempi di “ready-made” sono le opere Grapes, composta da sgabelli di legno antichi ormai sostituiti dalla popolazione con simili in plastica, e Forever, biciclette unite in un’enorme costruzione che richiama la ruota di Duchamp.

Ai Weiwei, Grapes, 2011

Il blog di Ai Weiwei

Mi ha colpito la scelta di Ai Weiwei di tenere dei blog. Rappresenta la necessità dell’artista di avere delle piattaforme in cui poter documentare i suoi viaggi e le sue scoperte e dove riportare i suoi pensieri e le cause per cui combatte alle persone che lo seguono anche da lontano.

Essendo, oltre che artista concettuale, anche regista e fotografo, i suoi blog si compongono di immagini di opere, di fotografie di reportage e di documentari. Sono inoltre arricchiti da suoi messaggi lanciati per mezzo di slogan. A testimonianza di questi blog, nel piano inferiore di Palazzo Strozzi, sono esposti diversi materiali provenienti dalle sue raccolte.

Il rapporto di Ai Weiwei con la Repubblica Popolare Cinese

Ai Weiwei mantiene contemporaneamente due relazioni importanti: una con il suo paese, la Cina, l’altra con il resto del mondo.

Il rapporto con la sua nazione oscilla tra legame e ribellione. Ai Weiwei è nello stesso tempo portavoce della cultura cinese verso il resto della popolazione mondiale e nemico di chi è al potere in Cina. Infatti, se lo ritiene necessario, l’artista riporta le problematiche del governo cinese e denuncia le azioni ingiuste delle autorità sugli abitanti, come ad esempio l’estrema vigilanza o la censura.

Si percepisce questo duplice legame in alcune opere esposte a Firenze. Nell’opera Feiyu Ai Weiwei ricrea delle sculture in seta e bambù (materiali tipici cinesi) che rappresentano figure mitologiche cinesi di un libro della sua infanzia che ora è stato censurato.

Un secondo esempio è l’opera composta da tre pannelli creati in lego, che ricordano una performance compiuta dall’artista nel 1995 (Dropping a Han Dynasty Urn). In quella occasione distrusse un’antica urna funeraria della dinastia cinese Han. L’artista compì consapevolmente un atto di inciviltà per paragonarlo alla rivoluzione culturale (1966-76), attraverso la quale il governo cinese voleva demolire l’eredità storica del paese.

Un altro tema legato al suo paese è quello della vigilanza eccessiva delle autorità verso la popolazione. Infatti, una sala di Palazzo Strozzi è rivestita da una carta da parati che ha come fantasia delle videocamere di sorveglianza. Inoltre Ai Weiwei ha posto una videocamera di sorveglianza in un corridoio degli Uffizi, rivolta verso la città. Vuole riallacciarsi alla funzione del corridoio Vasariano, che permetteva ai Signori di Firenze di sorvegliare il comportamento dei loro sudditi, , ma anche alla presenza massiccia di telecamere di sorveglianza nel suo paese d’origine. (titolo: Surveillance camera).

Ai Weiwei, Dropping a Han Dinasy Urn
Ai Weiwei, Dropping a Han Dinasy Urn

Snake Bag: l'opera ispirata al sisma di Sichuan

L’opera che ho preferito della mostra si riallaccia al terribile terremoto avvenuto in Sichuan, che ha provocato innumerevoli vittime. Migliaia di studenti morirono nel crollo delle scuole, collassate a causa dei materiali scadenti e di una pessima progettazione. Grazie all’opera Snake Bag l’artista riporta alla luce profondi concetti. Crea un lungo serpente assemblando 360 zaini di scuola, in ricordo di quelli trovati in mezzo alle macerie. Ai piedi del rettile pone della casse di legno pregiato che rievocano delle bare. Sopra una di esse appoggia un tondino per le fondamenta (in bianco), che però non sembra garantire il corretto appoggio, risultando piegato, ricurvo e ruotato. Furono proprio i tondini, mal prodotti e non adeguatamente controllati, a causare il collasso degli edifici scolastici durante il sisma.

Ai Weiwei, Snake bag, 2008
Ai Weiwei, Snake bag, 2008

Ai Weiwei non riesce a stare in silenzio dopo aver investigato e scoperto che l’avvenimento nascondeva una violazione di un diritto dei minori: la sicurezza. Mosso da un sentimento di giustizia verso i bambini sacrificati, pubblica nel suo blog il nome di seimila fanciulli vittime. Dopo un notevole successo, la piattaforma di comunicazione viene però censurata.

Successivamente l’artista viene arrestato e imprigionato per 81 giorni. Il racconto della sua tragica esperienza viene riportato dall’artista stesso alla biennale di Venezia nel 2013, grazie alla ricostruzione della sua vita quotidiana nel carcere, caratterizzata da costanti interrogatori, violenza e privazione della privacy. (opera: S.A.C.R.E.D.)

Ai Weiwei, S.A.C.R.E.D.
Ai Weiwei, S.A.C.R.E.D.

Questo è solo uno dei tanti esempi in cui Ai Weiwei mostra e spiega il suo difficile rapporto con le autorità cinesi. Deve pagare per le sue azioni provocatorie, è sempre a rischio quando opera, è fortemente vigilato, più volte gli è stato confiscato il passaporto, è stato minacciato con enormi somme di denaro, è stato messo alcune volte agli arresti domiciliari, è stato violentemente picchiato, le sue libertà personali hanno subito delle limitazioni (meno viaggi e meno comunicazioni con la stampa), è stato imprigionato e addirittura esiliato.

L’esempio più eclatante che ho potuto conoscere grazie a un documentario presente alla mostra, è la distruzione del suo studio a Shanghai per mano del governo. Erano state le autorità stesse a chiedere a lui di costruirlo due anni prima. Il motivo si ricollega sempre al suo attivismo politico.

Gli innumerevoli impedimenti imposti dal suo paese non sono riusciti comunque a limitare la sua produzione artistica e la crescita della sua notorietà internazionale. Il sostegno a livello globale, anche attraverso i social network, ha aiutato Ai Weiwei a crearsi una corazza dura per proteggersi in parte dalle autorità cinesi. Gli spazi espositivi dove l’artista mostra i suoi lavori sono in nazioni in cui la libertà di espressione è più tollerata, perciò l’artista riesce a trovare più apprezzamenti e meno critiche. Il rapporto con la popolazione al di fuori del suo stato è molto forte; le sue stesse parole, sempre con una vena polemica, lo esprimono: “Il mondo è una sfera, non ci sono Oriente od Occidente.”

Ai Weiwei, Flowers (Fonte foto: www.greenme.it)

L'impegno per garantire i diritti umani dei migranti

A livello internazionale Ai Weiwei è recentemente occupato anche di una grossa tematica che ha preso a cuore: i diritti umani dei migranti. A questo proposito ha creato in più città europee delle opere a scopo di far pressione sulle nazioni coinvolte in questa emergenza umanitaria, affinché prendano dei seri provvedimenti. L’artista ha anche costruito uno studio a Lesbo, l’isola greca di maggior approdo e punto di svolta per migliaia di rifugiati in cerca di una nuova vita, dopo un passato tragico, spesso di guerra. Elenco brevemente qualche esempio.

L’opera Reframe: 22 gommoni di salvataggio arancioni appesi sulle facciate di Palazzo Strozzi ricordano il pericolo di vita affrontato dai migranti in mare, ma il contrasto con la parete artistica rappresenta pure il tentativo difficile per loro di inserirsi in una nuova società e cultura dopo l’approdo.

L'opera di Ai Weiwei si manifesta anche a Berlino, dove l'artista appende 14mila giubbotti di salvataggio alle colonne della Konzerthaus. I giubbotti ritornano anche nello stagno del Belvedere di Vienna, con un’opera composta da 1005 giubbotti di salvataggio disposti in modo da formare dei fiori di loto. (Flower, immagine sopra). Infine l’artista crea un’immagine che ha fatto molto scalpore, dove posa nella stessa posizione in cui era stato ritrovato il corpo di un bambino siriano affogato nella spiaggia di Bodrum in Turchia.

di Gaia Zorzi

Come artista sento di dovermi confrontare con le difficoltà dell’umanità, non riesco a tenerle separate dalle mia arte. (Ai Weiwei)

lovisco.marco

Marco Lovisco

Giornalista, consulente di comunicazione e scrittore.

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1 Response

  1. 2022-01-28

    […] QUI TROVI L’ARTICOLO SULLA MOSTRA DI AI WEIWEI A FIRENZE NEL 2016 […]

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