5 motivi per vedere il film “Van Gogh. Sulla soglia dell’eternità”

In due minuti vi racconto il film su van Gogh in uscita il 3 gennaio 2019, diretto dal regista-pittore Julian Schnabel

Van Gogh. Sulla soglia dell'eternità - Locandina del film

Chi era Vincent van Gogh? Che rapporto lo legava a Paul Gauguin? Come lo vedevano i suoi contemporanei? Ecco, dopo aver visto in anteprima “Van Gogh. Sulla soglia dell’eternità”, film del regista (e artista)  Julian Schnabel ho le idee molto più chiare.

Faccio una premessa: non si tratta di un film facile, e devo ammettere che all’inizio sono rimasto piuttosto disorientato dalla scelta del regista di affidarsi a riprese molto angolate e ravvicinate che danno l’impressione di spiare la vita dell’artista dal buco della serratura, come ospiti invisibili.

Ammetto anche di essere rimasto interdetto dalla scelta di affidare alla musica e a lunghi silenzi sezioni consistenti del film, lasciando da parte le parole e rendendo così più difficile seguire il filo logico della narrazione.

All’inizio non è stato facile entrare nel flusso del film. Poi però mi sono fidato di Schnabel, ho messo da parte l’idea di trovarmi di fronte ad una classica opera biografica e ho deciso di danzare con lui per lasciarmi trasportare dalla immagini. Il risultato? Un’immersione totale nel mondo di Vincent van Gogh, finalmente umano, troppo umano.

Ecco, in definitiva, 5 motivi per cui vi consiglio di vedere il film: “Van Gogh. Sulla soglia dell’eternità”, nelle sale italiane dal 3 gennaio 2019.

1. Per conoscere il lato più umano di van Gogh

Willem Dafoe nei panni del geniale Vincent van Gogh

Ok, all'inizio non mi ha convinto la scelta di Willem Dafoe per il ruolo di Vincent van Gogh. È uno degli attori che, personalmente apprezzo di più, ma forse avrei scelto un interprete più giovane per vestire i panni dell’artista, morto a soli 37 anni. Poi però mi sono dovuto ricredere. Il film di Schnabel non è una biografia fedele ma un modo per esplorare l'anima di van Gogh, dunque l'età non conta ai fini della narrazione.

Ciò che ho apprezzato molto del film è stato il modo in cui il regista ha raccontato l’uomo, prima che l’artista, mettendone in luce le debolezze, oltre che l’indiscutibile talento. Il van Gogh di Schnabel è irrazionale, irascibile, a volte addirittura irritante nelle sue fissazioni, proprio come immagino sia stato il nostro amato Vincent, nel corso della sua vita. Di sicuro van Gogh non era una persona facile da “gestire”, come si evince dal lungo scambio epistolare con il fratello Theo e dai suoi violenti dissidi con l’amico Gauguin.

Questo film mette in mostra il suo lato umano, di una persona speciale, dotata di una sensibilità fuori dal comune e di un sentire troppo profondo per essere compreso dagli altri, come un fardello che l’artista era costretto a portare da solo.

2. Per comprendere il rapporto tra van Gogh e Gauguin

Oscar Isaac (a sinistra) nei panni di Paul Gauguin

Si è detto e scritto tanto sul legame che univa questi due grandi artisti. Secondo alcuni Gauguin aveva accettato l’amicizia con van Gogh solo per motivi economici. Il fratello di Vincent, Theo, aveva infatti promesso allo squattrinato Paul di acquistare alcune delle sue opere a patto che raggiungesse Vincent nel paesino di Arles per vivere con lui. Secondo altri (pochi, a dire il vero) il famoso episodio dell’orecchio mozzato non fu altro che il risultato di un violento alterco tra i due, finito a colpi di rasoio. Quel che è certo è che la loro è la storia di un’amicizia tormentata e questo il film lo racconta bene, senza cadere nel melodramma.

Il film racconta bene la storia di un’amicizia tra due artisti egocentrici (come tutti gli artisti, del resto), di cui uno (Vincent) è votato all’utopia che si incarna nel desiderio di creare in quel piccolo paese una comunità di artisti lontana dai circuiti dell’arte che conta. L’altro (Paul) è un artista concreto. Capisce che non è in quel paese sperduto della Francia che si diventa famosi. Se a questo poi si aggiunge il carattere difficile di Vincent, si comprende bene come il loro legame possa essere stato tormentato.

Prima di vedere il film ammetto di aver sempre considerato Gauguin un cinico profittatore, anche perché la storia tra i due artisti è stata sempre raccontata dai “fan” di van Gogh. Un po’ come quando una coppia di amici si lascia e tu senti solo la versione di uno dei due. Ecco, Schnabel mi ha raccontato anche l’altro punto di vista, quello di un artista con un sogno che, a differenza di quello di Vincent, era impossibile da realizzare restando confinati nel piccolo paese di Arles.

3. Per mettere in pausa il film e fermarsi a vedere le immagini come dipinti

Ciò che mi ha convinto del film è la cura che Schnabel ha prestato ad ogni fotogramma. Ho provato a mettere in pausa il film più volte, ed ogni immagine che mi veniva restituita dallo schermo aveva la completezza e l’intensità di un dipinto. Di sicuro regista e direttore della fotografia, Benoit Delhomme, hanno fatto un attento lavoro nella composizione.

Da amante dell’arte e della bellezza ho apprezzato molto questa cura del particolare, anche forse a discapito del ritmo della narrazione, che spesso risulta lento e a tratti prolisso.

4. Per perdersi tra musica e colori

L’ho scritto anche prima: se si cerca di guardare il film “Van Gogh. Sulla soglia dell’eternità” con la stessa razionalità che ci accompagna nella visione dei classici film biografici, c’è il rischio di rimanere delusi. Il film di Schnabel è fatto di momenti, di situazioni spesso slegate l’una dall’altra e tentare di seguire un filo logico alla lunga potrebbe risultare frustrante. Meglio perdersi nel filo del racconto, in cui la musica si fonde con immagini dai colori intensi, come dipinti di van Gogh, appunto.

Il film di Schnabel non è un film facile. A volte, lo ammetto, l’ho trovato piuttosto lento e molto (troppo?) personale a scapito di una comunicazione che premi il destinatario. Però è un film che resta impresso, è un po’ come uscire a bere un bicchiere di vino con un amico che forse non è il più simpatico di tutti, ma è uno dei pochi che può regalarci un punto di vista diverso sulle cose, che arricchisce la nostra prospettiva e ci spinge a nuove riflessioni. Ecco, in definitiva, questo film è così.

5. Per approfittarne e vedere un altro film di Schnabel, regista e pittore

Jean-Michel Basquiat

Il regista del film, Julian Schnabel, è uno dei più apprezzati pittori di new York, famoso per i ritratti e i dipinti di grosse dimensioni. All’inizio della sua carriera da regista, nel 1996 ha diretto e sceneggiato il film “Basquiat”, che racconta la storia del  celebre writer americano. Ecco, se volete vedere un film autobiografico più classico, quello è il film giusto.

La trama è molto lineare e il film racconta bene la vita tumultuosa dell’artista americano, Jean-Michel Basquiat, delineando al contempo un appassionante ritratto della scena artistica newyorchese degli anni Ottanta e dei suoi protagonisti (Haring, Warhol ecc.). Secondo me, dopo aver visto “Van Gogh. Sulla soglia dell’eternità”, potete approfittarne per approfondire la conoscenza di questo regista e accorgervi di come sia cambiato il suo stile dietro la macchina da presa in questi anni.

lovisco.marco

Marco Lovisco

Giornalista, consulente di comunicazione e scrittore.

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11 Responses

  1. Stefano Barbo Stefano Barbo ha detto:

    Ho visto il film. Mi ha affascinato molto.Infatti il giorno dopo mi sono messo a guardare su internet i suoi quadri. Mi sembra però che qualcosa nel film sia stato omesso. Mi sono accorto che nel film, Van Gogh, si è tagliato l orecchio sx mentre da un suo ritratto ha la fascia su quello dx. Mistero.

  2. Marco Lovisco Marco Lovisco ha detto:

    Ottima osservazione, Stefano. Sai che non ci avevo proprio fatto caso? Eppure è l'immagine di copertina dell'articolo. Ti dico la mia: secondo me è una scelta del regista, è come se con quel dettaglio volesse dirci che non ci sta raccontando la biografia fedele di van Gogh, ma il modo in cui lui (Schnabel) vede Vincent van Gogh. È come se in quel modo il regista dicesse "Hey, non prendete per oro colato tutto quello che vedete in questo film!" Almeno è una mia interpretazione... o magari si tratta solo di un errore (ma dubito). 😉

  3. Emilio Emilio ha detto:

    Film per pochi troppo veritiero

    • Marco Lovisco Marco Lovisco ha detto:

      Vero. Film difficile da seguire e non per tutti i palati ma, anche a mio parere, è uno dei pochi che restituisce un ritratto realistico e soprattutto umano di Vincent van Gogh

  4. richardchance84 richardchance84 ha detto:

    A me non convince molto il fatto che van Gogh e Gauguin sono interpretati da attori americani - per quanto Willem Defoe sia naturalizzato italiano...

    • Marco Lovisco Marco Lovisco ha detto:

      Alla fine, pur non essendo olandese, Dafoe se l'è cavata benissimo, secondo me 😉 Per il resto, credo che possa dipendere dal fatto che il regista è americano ed ha già girato film per il grande pubblico, quindi probabilmente si è affidato ad attori che conosceva molto bene.

  5. Silvia Lo Giudice Silvia Lo Giudice ha detto:

    Anche a me è piaciuto moltissimo, proprio perché non era una biografia ma un percorso interiore. Anche la sceneggiatura è stata molto attenta a scandire i ritmi di quest'anima tormentata e a spiegare la poetica di Van Gogh e di Gauguin attraverso i loro dialoghi sull'arte. La lentezza che molti, e anche tu hai percepito, era finalizzata a farti condividere lo spirito panico dell'artista e gli istanti di felicità che viveva a contatto con una natura che lo avvicina a Dio. Bella recensione... E che dire della cinepresa che traballava nei momenti di maggiore inquietudine o dell'inquadratura sbavata in basso come se lo sguardo di Van Gogh fosse offuscato dalla lacrime o dai fumi dell'assenzio?

    • Marco Lovisco Marco Lovisco ha detto:

      Bellissimo commento il tuo, Silvia, hai dato una chiave di lettura molto interessante e competente. Grazie! 🙂 Sono d'accordo con te, Schnabel non voleva raccontare l'ennesima biografia di van Gogh (sarebbe stato inutile, ce ne sono già altre molto ben fatte), ma un modo per raccontare l'anima dell'artista, provando a fare immedesimare lo spettatore nel suo sentire. Le scelte di inquadrature e dialoghi vanno in questa direazione. Certo, ammetto che l'inquadratura traballante alla lunga mi ha fatto sentire ubriaco come dopo una serata passata a bere assenzio (non so se questo sia un bene, però) 😉 Buona giornata!!!

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